Il grafene potrebbe rendere gli hard disk 10 volte più capienti ed aumentarne l’affidabilità

Anche se la quota di mercato delle memorie a stato solido, gli SSD, è in rapida salita sia nel mercato PC, sia pressoché assoluta nel mondo smartphone, i dischi meccanici conservano un ruolo fondamentale nel mondo del computing.

Dato il loro costo-per-gigabyte molto basso rispetto agli SSD, essi popolano ancora totalmente il mondo del cloud. Questa convenienza è un fattore importante anche per i professionisti, come ad esempio per coloro che lavorano con grossi file multimediali dove la capacità è preferibile alla velocità.

Il fattore costo-per-giga, secondo uno studio della Cambridge University, potrebbe essere un fattore ancora più determinante per il futuro, perché è destinato a scendere drasticamente con l’utilizzo di un nuovo materiale, nuovo almeno per quanto riguarda il mondo degli hard disk, ovvero il grafene.

Uno dei fattori che nel corso degli anni ha determinato la maggiore densità di archiviazione, riguarda lo spazio fisico che intercorre tra i piatti del disco e la testina di lettura. Attualmente, per rivestire i piatti in rotazione da tutti i possibili danni causati da testine e altri fattori, compresa la corrosione, viene utilizzato un materiale a base di carbonio (carbon based overcoat, ovvero COC).

I produttori, nel corso degli anni, hanno assottigliato sempre più questo strato e sin dagli anni ’90, ad oggi, lo spessore di questo strato COC è decresciuto da 12.5nm sino agli attuali 3nm (nanometri). Questo ha portato alla massima densità attuale, che è di 1TB per pollice quadrato (circa 6,5 cm2). I ricercatori di Cambridge hanno sostituito questo materiale con vari strati di grafene, da uno a quattro, e verificato vari fattori: frizione, usura, corrosione, stabilità termica e infine la lubrificazione.

Oltre allo spessore ultra-ridotto, il grafene pare essere adatto a rivestire i piatti giungendo ad ottimi risultati anche in termini di durezza, bassa frizione e levigazione della superficie di lettura. Per quanto riguarda la protezione dalla corrosione si sono ottenuti dei miglioramenti nell’ordine del 250% rispetto ai sopracitati COC, portando quindi al consumo minore dello strato più esterno dei piatti.

Il team di ricerca, inoltre, ha testato il nuovo materiale su alcuni hard disk commerciali costruiti con un rivestimento al ferro-platino, combinazione che ha permesso negli ultimi 10 anni un notevole balzo in avanti della densità di archiviazione. In questo tipo di dispositivi, l’industria sta sperimentando l’utilizzo di una tecnica chiamata HAMR, Heat- Assistend Magnetic Recoding – che consiste nell’elevare la densità di archiviazione portando il layer di archiviazione a temperature elevate grazie ad un microscopico laser, sfruttando particolari doti del magnetismo ad alte temperature.

Anche in questo scenario il grafene si è rivelato particolarmente performante, promettendo un balzo della densità fino a 10 terabyte per pollice quadrato, incrementando di 10 volte l’attuale limite. E non è solo una questione di capacità dei futuri hard disk, ma anche di resilienza. Le sue capacità di protezione delle superfici renderanno gli hard disk più durevoli ed affidabili, soprattutto in scenari con un coefficiente di stress molto alto, dove l’affidabilità è importante quanto (se non di più) lo spazio disponibile, come nei datacenter.

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