Gli esperti di storage sanno che esistono due tipi di hard disk in questo mondo, quelli deceduti e quelli che ancora non lo sono. Anche sei pensa spesso il contrario, è nella natura stessa dei supporti di storage il fatto che non sono progettati per una “vita infinita”. Come abbiamo visto sul nostro blog più volte, una efficace strategia di backup è necessaria per tenere al sicuro i dati critici. È vero, ma dobbiamo anche tener conto della inevitabile rottura fisica e meccanica degli hard disk. Con una adeguata strategia, magari usando un NAS con vari livelli di RAID potremmo sicuramente recuperare i dati, o non perderli affatto, ma una rottura significherà sicuramente impiegare del tempo per la sostituzione dell’unità danneggiata (che magari deve essere spedita) e quindi ci danneggerà sicuramente dal punto di vista della business continuity.
Potremmo quindi concentrarci sull’aspettativa di vita, per effettuare una pianificazione oggettiva e gestire il ciclo di vita di sostituzione delle unità (e sul budget necessario per farlo). Prima di addentrarci nelle specifiche dei due tipi di dispositivi, HDD meccanici e SSD, iniziamo con un tabella generale, che ci può dare le prime indicazioni:
Questa semplice tabella mostra l’aspettativa di vita di HDD meccanici, SSD e memorie flash. La durata naturalmente varia in base a molteplici fattori, di carico, utilizzo, ambiente, etc.
Tipo di drive | Aspettativa di vita |
---|---|
Hard disk (HDD) | 4-7 anni |
SSD | 5-10 anni |
Flash | 10 anni |
Come sappiamo, gli hard disk meccanici fanno affidamento su parti in movimento, piatti, testine, attuatori. Quindi la loro vita è infuenzata molto da come vengono trattati a livello fisico: abbiamo già parlato più volte di come cadute, shock termici o elettrici possono mettere KO una unità, anche nuova.
Generalmente, i costruttori prevedono una vita variabile dai 4 ai 7 anni, prima che la probabilità di rottura aumenti. Nel nostro laboratorio lavoriamo ogni giorno su unità che hanno danni alle parti meccaniche, come testine bloccate, piatti rigati o danneggiati, cuscinetti o motori bloccati. È per questo che le unità che “vivono una vita tranquilla” dal punto di vista dei movimenti tendono ad resistere più a lungo, pensiamo alle unità sempre ferme in contesti lavorativi rispetto a quelle “che viaggiano spesso” come unità USB che vengono portate in giro e hanno continui stacca-e-attacca.
Prima di parlare specificamente degli SSD, facciamo notare che questi pur non avendo parti in movimento, portano allo stesso risultato in caso di rottura: dati illegibili. Rispetto ai cugini, quindi, ci danno meno segnali fisici che ci dicono che stanno per rompersi. È il caso dei rumori che emette un hard disk meccanico che sta per rompersi definitivamente.
Come già sappiamo, i dischi allo stato solido non hanno parti in movimento e sono particolarmente resistenti alle vibrazioni, agli scuotimenti e perfino alle cadute. I produttori, oltre ad indicare un parametro chiamato TBW, che vedremo in seguito, specificano genericamente che una unità può lavorare per oltre 10 anni. Questa durata, però, rientra in un numero di cicli di lettura/scrittura che il produttore prevede con un numero finito. Ci dice cioè quanti cicli di lettura e scrittura di dati quell’unità può effettuare nella sua vita. In sostanza, più lo usiamo e meno dura.
La durata di un SSD può essere conteggiata attraverso i cicli – che accennavamo prima – chiamati spesso cicli P/E, ovvero Program / Erase, che corrispondono ai cicli di scrittura e cancellazione dei dati nelle memorie NAND, ovvero i chip che compongono la memoria di un SSD. Esistono vari tipi di NAND, basti sapere che sono degli spazi divisi in celle, nelle quali può essere conservato un dato binario, 0 oppure 1. Alcuni tipi di NAND conservano i dati a più livelli di celle sovrapposte, pensiamo a “celle a più piani”. In questo modo i produttori hanno di molto aumentato la densità, ma hanno generalmente diminuito il numero di cicli che si possono supportare.
Tipo di SSD | Cicli P/E |
---|---|
Single Level Cell (SLC) | 100.000 |
Multi Level Cell (MLC) | 10.000 |
Triple Level Cell (TLC) | 3.000 |
Quad Level Cell (QLC) | 1.000 |
Un altro vantaggio che gli SSD hanno rispetto agli HDD è, come accennato in precedenza, il fatto che il produttore ci garantisce un certo quantitativo di dati che possiamo scrivere su disco, misurato in Terabyte. Questo parametro si chiama TBW (terabyte written) e di solito è accompagnato dal parametro DWPD (drive writes per day). Il primo, ci dice esattamente quanti tera possiamo scrivere sul disco prima che esso (presuntamente) muoia. Il secondo è semplicemente il primo diviso 365, per dare una indicazione all’utente che acquista l’unità di quanti dati giornalieri può scrivere in media. Se un disco ha un TBW dichiarato di 400 terabyte, significa che potremmo scrivergli su quella quantità di dati nel corso della sua vita. Avrà, di conseguenza un DWPD di 400/365 = 1,095Tb.
Gli SSD potrebbero non avvertirci in caso di imminente rottura, quindi meglio farsi aiutare da questi dati!
Tutti gli SSD sono memorie flash, ma non tutte le memorie flash sono SSD. Con Memorie flash ci riferiamo quindi a supporti quali le memorie USB, le schede SD (e microSD). Dato che esse utilizzano delle memorie NAND al loro interno, possiamo sicuramente riscontrare delle similarità rispetto agli SSD, la più sostanziale è quella che lega la loro vita utile ai cicli di lettura/scrittura di cui parlavamo in precedenza.
Le memoria flash, com’è vero anche per gli SSD, solitamente non ci danno “avvertimenti”, ma un decadimento sostanziale della velocità di scrittura o lettura, o il fatto che si rimuovano improvvisamente anche senza averli estratti fisicamente, sono un segno che è il caso di metterli da parte.
Sempre più dati vengono creati ogni giorno, sempre di più vengono immagazzinati. Rispetto ad un decennio fa abbiamo più modalità (e tecnologie) per immagazzinarli, ognuna con i suoi pro e contro. Quello che hanno tutte in comune, però, è la loro aspettativa di vita. È certo che una buona strategia di backup, o l’utilizzo di strumenti come NAS con unità in RAID possono aiutarci a mitigare gli effetti di rotture improvvise grazie alla ridondanza dei dispositivi, ma possiamo sicuramente sfruttare il fattore durata della vita (drive lifespan) come un ulteriore fattore per gestire magari il magazzino dei drive sostitutivi o per organizzare un piano di sostituzione e rotazione delle unità disco, specialmente in ambito enterprise.
Quando tutte le attenzioni e le precauzioni di cui abbiamo parlato non bastano e ci troviamo in una situazione in cui rischiamo di perdere per sempre i nostri dati, è bene rivolgersi ad un laboratorio specializzato nel recupero dei dati, come Italia Assistance.
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